domenica 1 settembre 2013

SAN FRANCISCO

Photo by Pierperrone

Beh, allora eccoci.
Finalmente le foto.

La... radio-cronaca del viaggio non sono riuscito a farla.
Troppo impegnativo.
Il viaggio, intendo.
Distanze molto lunghe, tappe impegnative, tante cose da vedere.
E infine, la sera, quando le altre volte si riusciva ad avere qualche ora di respiro di cui si approfittava per caricare qualche foto e postare qualche considerazione, qualche sensazione in diretta più o meno, ecco, questa volta, invece, la sera era necessario organizzarsi per il giorno dopo.
Cercare il posto dove dormire, perchè tra un parco e l'altro c'è solo un infinito nulla che assume tante forme disparate, ma che sempre nulla rimane; leggere un pò come finziona il parco da visitare; scegliere le escursioni migliori...
Mi sono dovuto ricredere.
Non è sempre facile fare quello che si vuole.
Questa volta le foto e qualche considerazione sul viaggio saranno ... a posteriori.
Una specie di piccolo riassunto.
Ma, almeno, le fotografie le avrò potute mettere un pò più in ordine e ho potuto fare una cernita, una selezione, scegliendo quelle che mi sono piaciute di più.
E allora... partiamo.


If you're going to San Francisco
be sure to weare some flower in your hair...
Più o meno comincia così questa canzone/inno della città del ponte sull'oceano e delle colline che devi cavalcare con la cremagliera ansimante.
Io il fiore fra i capelli, si può ben immaginare, non l'ho potuto indossare.
Motivi, me lo hanno suggerito vivamente, di ordine domestico/familiare, si, ma anche di decenza; poi, forse, soprattutto, la ... densità della capigliatura non è più proprio adatta all'incorporazione di un fiore...
Si, ma lo spirito era quello.
Hippy.
Erano gli anni della rivolta.
Il '67.
Il '68.
Nelle immagini della canzone si intravedono gli hippies.
Per le strade di San Francisco non ci sono più, invece.
Al loro posto moltissimi homeless.
I senza-dimora.
Clochard.
Poveri.
Disperati.
Squilibrati e invalidi sociali...
Tanti.
Troppi forse per una città che fa parte allo Stato più potente e ricco del pianeta.
E non una città secondaria.
San Francisco.
La città che ospita, nei suoi circondari, le aziende più ricche del mondo, Google, Apple, Facebook, tutta la Sylicon Valley, le università più ricercate, Berkeley e Stanford, il centro spaziale che ci ha fatto sognare la conquista degli spazi astrali, Pasadena...
Si, disturba davvero tanta povertà.
Ma non per la ragione che sia una povertà troppo maleodorante, nè che sia motivo di ansia da turbamento dell'ordine pubblico, nè per la confusione multietnica che può generare più di qualche insicurezza sulla superiorità di una razza sull'altra...
No.
E' una povertà che disturba perchè è una piaga che alligna nel corpo sbagliato.
Altrove potrebbe essere più facilmente tollerata.
Lì, al centro del mondo progressista e capitalista contrasta, è come un ossimoro dell'economia di mercato: più mercato più poveri, più modernità più disperati, più social network più a-social networked...
Non lo so se la formula inglese, qua sopra, ha un vero significato.
Se lo ha, è questo: più macchinette interconnesse al presente continuo iperspaziale producono benessere e ricchezza per pochi, più sono gli esclusi dalla società messi insieme proprio al centro della società...
L'epicentro di un terremoto sociale che prima o poi farà le sue vittime.
Questo è sicuro.



Ma ora le fotografie.
Ecco.
San Francisco è una città bellissima.
O, almeno, a me è piaciuta molto.
Molto poco americana, forse.
Sul mare, sull'oceano, aggrappata al dorso di colli e colline che si alzano come cavalli imbizzarriti che scavezzano sbavando.
I tramvetti a cremagliera sferragliano e strobazzano.
I turisti ridono e fotografano.
I passanti, cittadini qualunque, scansano la calca sovrappensiero nei loro problemi quotidiani.
E' divertente.
Guardare chi gira per le strade, qui, è più divertente che altrove.
Tipi di ogni genere.
Io ne ho fotografato solo qualcuno.
Non sono un reporter, solo un turista distratto.
Da turista mi ha colpito molto il museo delle macchine meccaniche, i prototipi dei grandi videogiochi di oggi.
Macchine che nei decenni scorsi hanno fatto sorridere migliaia i migliaia di bambini di tutte le età.
Adesso un pazzo ne ha raccolto un gran numero sotto un capannone, stanno stipate lì, ancora funzionanti, si entra senza pagare un biglietto, si gioca con pochi centesimi, un quarto di dollaro, se ci vuole una sola monetina, mezzo dollaro se ce ne vogliono due.
Teatrini meccanici, fotografie tridimensionali, piccoli robottini a moneta, flipper, quelli che frizzavano di luci e tintinnii elettrici, senza elettronica ancora, bambolette ipnotizzate...
Una meraviglia in mezzo al molo attrezzato per l'America's Cup in pieno svolgimento.
Un riparo della ragione, o forse della nostalgia, dall'ansia magmatica dell'apparire a tutti i costi...
Pochi metri più in là le vele delle imbarcazioni più tecnologiche dei sette mari.
Sulle panchine tanti, sempre gli stessi, poveracci, senza casa, senza niente, senza neanche una vera vita.
E poi gli altri disperati, quelli più fortunati, i turisti, stanchi ed in cerca di un approdo momentaneo dal vorticoso turbinare dell'escursione metropolitana...

Ecco, queste sono le considerazioni.
Solo, prima di chiudere, una constatazione sul clima.
Noi abbiamo trovato il sole, caldo, di giorno.
Ma poco oltre i 20 gradi, sempre molto ventilato, mai umido e afoso.
E comunque, appena calata la sera ... lì era autunno pieno.
Ci voleva il giacchetto, il giubbottino.
Non ci siamo ammalati per poco!

4 commenti:

  1. Ho viaggiato un poco anch'io...grazie alle tue tante foto.
    Ciao
    Paola

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  2. grazie a te, Paolè (tanto per fare un poco di rima).
    A presto.
    Ho messo a posto anche le altre.
    Nei prossimi giorni le pubblicherò.
    Un pò per volta.
    Un salutone,
    Piero

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  3. Bellissime foto Piero, davvero...stavolta ti sei superato! Le ho gustate tutte, una a una. Spazio, ecco quello che mi hanno suscitato, sensazione di galleggiare in uno spazio infinito. E meraviglia. La natura è un capolavoro e il tuo occhio guidato da qualcosa che va oltre, ne sono sicura, l'ha colta nella sua grandiosità e nei suoi dettagli. Ci hai fatto provare dei brividi, almeno così è stato per me. Mi hanno colpito in particolare, alcune foto che sembrano quasi dipinti. Erano davvero così o è qualche effetto che hai applicato?
    Poi la città. S. Francisco...un mito sicuramente, che riporta agli anni che tu racconti. Come non pensarci? Metropoli oggi sicuramente diversa da quegli anni, ma da quello che hai colto nelle tue immagini, ancora bella, ancora con quegli aspetti con cui si fa perdonare quello che di meno bello ha. Fa male quella ferita,la povertà, l'esclusione, presente ovunque certo, ma lì non la si immagina finchè non si vede, come dici. Invece c'è e non potrebbe essere diversamente, ahimè...Ma questo è un altro discorso che tu hai accennato per altro.
    Comunque, ancora grazie per queste meraviglie che ci hai regalato.
    Un abbraccio

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  4. Cara Patrizia sei sempre troppo generosa nei giudizi con me.
    E ti ringrazio sempre col cuore.

    Filtri speciali no, nessuno, e nessun effetto particolarmente speciale; anzi, in questa serie di foto quasi tutte sono praticamente in originale, oppure, al massimo, con un pò di luci e ombre un pò più carichi.
    Altre volte ho usato qualche effetto più potente.
    Stavolta i colori sono luce solamente, pura, densa, brillante.
    Bellissima.
    Si.
    Per il resto è la città.
    E le sensazioni che mi ha dato con l'occhio dietro il mirino.
    I contrasti, soprattutto le persone, la vita, il movimento, le facciate dipinte delle case, alcuni luoghi speciali della memoria: te ne cito uno soltanto, per una coincidenza che poi ti spiego. Le foto della grande casa con la facciata dipinta, quella con il pianista che sta suonando è scattata sulla piazza dove andavano in giro i poeti della beat generatio, il Ginsberg che sta in un'altra foto che lo ritrae in un quadretto sulla parete del negozio dell'Hard Rock Cafè, il Kerouac della grande strada n. 66, Ferlinghetti che faceva l'editore, la poesia l'Urlo ... ecco tutte quelle persone giravano là davanti. Di fronte a quella parete c'è ancora la casa editrice di Ferlinghetti che aveva pubblicato le opere di quella generazione di poeti dannati e belli...
    La cpoincidenza è che adesso di loro si parla nel film di Venezia, quello con il maghetto tramutatosi in poeta...
    (Coincidenza stupida, dirai, certo, con ragione. Ma che fa. E' pur sempre qualche cosa...)
    Ecco, se una cosa manca è proprio una foto alla libreria.
    E poi, nel mio commento, il video, che su youtube c'è senz'altro, con l'Urlo ginsberghiano...
    Ma con la memoria ci siamo andati lo stesso...

    Comunque, stai all'erta, ce ne sono altre di foto.
    Sono pronte.
    A te necessita solo una buona dose di pazienza.
    Approvvigionatene in abbondanza...

    Un abbraccio,
    Piero

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